Un pignoramento da 89 mila euro alla Calcestruzzi Belice da parte di un ex dirigente che vanta il credito per l’attività che ha svolto quando già l’azienda era sotto amministrazione giudiziaria, rimanendo anche per un periodo nel quale era transitata all’Agenzia nazionale per i beni confiscati. Si attende la decisione del giudice del Tribunale di Sciacca. La storia è raccontata sul Giornale di Sicilia oggi in edicola. C’è preoccupazione tra i lavoratori perché l’azienda, secondo quanto sottolinea la Cgil, non è al momento in grado di fare fronte a pagamenti per somme così consistenti. «Nessuno – dice Vito Baglio, della Fillea Cgil – mette in discussione il fatto che tutti i debiti vadano pagati, compresi quelli, per circa 300 mila euro, con gli stessi lavoratori o per il Tfr di altri che non sono più in servizio. La nostra preoccupazione è che in questo momento particolare, di riavvio dell’attività, di reinserimento nel mercato, un pagamento di questo genere possa determinare anche la mancanza di risorse per pagare gli stipendi ai lavoratori». La società si è rivolta all’avvocato Emanuele Lo Voi Geraci, di Proforlex Studio. La linea difensiva è che il patrimonio dell’azienda, crediti inclusi, costituisce bene sottoposto a confisca definitiva antimafia, acquisito dallo Stato e sottratto alle ordinarie procedure esecutive. L’azione che verrà proposta sarà dunque di opposizione all’esecuzione.
La vicenda Calcestruzzi Belice tiene banco ormai da più di un anno a Montevago e in particolare dal 2 gennaio del 2017 quando era stata bloccata ogni attività dopo la sentenza di primo grado, per un debito con l’Eni di 30 mila euro. La Corte d’Appello ha ribaltato quel pronunciamento. Un milione di euro all’anno è il volume d’affari, lo standard che ha consentito all’azienda di andare avanti. L’azienda, che ha come oggetto della propria attività la produzione di calcestruzzo preconfezionato e malte in tutte le loro forme, produce anche inerti, ghiaie, sabbie e pietrischetti. E’ stata prima sequestrata e poi confiscata ed è passata sotto la competenza dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. I lavoratori sono pronti a ricevere l’assegnazione in gestione della struttura e sperano che l’Agenzia decida al più presto. Al momento si sta discutendo anche di una più stretta collaborazione, nei singoli territori, tra le attività che operano nello stesso ambito. I beni confiscati non vengono minimamente toccati e rimangono allo Stato. Sulla forma di collaborazione tra le attività della filiera dell’edilizia a cavallo tra le province di Agrigento e Trapani punta anche Libera. E’ da settembre dello scorso anno, ricevuta l’autorizzazione della Questura di Agrigento, che è ripresa alla Calcestruzzi Belice l’attività di estrazione con l’utilizzo dell’esplosivo. Si è proceduto alla prima “volata” (il termine tecnico di quest’attività) dopo quasi un anno di inattività. Nei mesi precedenti, dopo la riapertura, veniva svolta soltanto la vendita del materiale già disponibile. Dopo il via libera del Distretto Minerario Siciliano, che ha effettuato un sopralluogo alla Calcestruzzi Belice di Montevago, per riprendere l’attività estrattiva mancava soltanto l’autorizzazione della Questura di Agrigento all’impiego dell’esplosivo che è poi arrivata consentendo il riavvio a pieno regime del lavoro all’interno dell’impianto. Agli 11 lavoratori si è aggiunta un’altra unità, con contratto a tempo determinato, e la risposta, sul piano dell’attività, c’è stata con la ripresa del volume d’affari della precedente gestione. “Tutto procede per il meglio – dice Vito Baglio – ma facendo un passo alla volta. Al momento si può camminare, ma non correre e bisognerà programmare anche spese per l’ammodernamento degli impianti”. La vicenda è sempre stata seguita con attenzione dal sindaco di Montevago, Margherita la Rocca Ruvolo.